Servizio Pubblico: Santoro è sempre il migliore, il talk no

Parte la prima puntata di Servizio pubblico e la sensazione iniziale è che il talk show abbia ormai fatto il suo tempo, poi però Santoro è bravissimo a sfruttare al meglio tutte le potenzialità del format e il prodotto finale è eccellente

Si apre in modo beffardo il secondo anno di Servizio pubblico, questa volta dagli schermi di La 7, con la musica della defunta Forza Italia e del sogno berlusconiano: l’ultimo, innocuo sberleffo che Santoro si concede nei confronti di Berlusconi, sul quale racconta poi un gustoso aneddoto riguardante il loro primo incontro ad Arcore, con Silvio impegnato nel solito show ad uso e consumo degli ospiti.

Si parte con un servizio sui condannati in parlamento, al solito giornalisticamente molto efficace, in cui gli onorevoli sembrano collezionare condanne come medaglie al valore e in cui capita che un senatore dica di sentirsi come “un angioletto”, perché lui è solo un corruttore e non un corrotto. Pensa te come siamo messi. Poi in studio comincia il dibattito tra gli ospiti, un Renzi abilissimo a toccare i temi più graditi al pubblico di Santoro (“nei primi cento giorni bisogna fare una legge sul conflitto d’interessi, una sulla corruzione e abolire il finanziamento pubblico ai partiti”) ma sfuggente sulla politica economica, un Fini di nuovo alle prese con la casa di Montecarlo (basta, per pietà!) e un Della Valle che sembra lì a ripetere le solite banalità (ma che poi dirà frasi sorprendentemente dure e coraggiose su Fiat e Marchionne).

Quando vien fuori il televoto stile reality per nominare il leader ideale, uno pensa che Santoro deve essere a corto di idee e che la formula del talk show è ormai irriformabile e destinata al declino. Poi però parte un servizio sul ragazzo, Pasquale Romano, ucciso per errore dalla camorra, con una toccante e intensa intervista alla sua fidanzata (presente in studio), e la concentrazione e l’emozione tornano al massimo.

Sembra però una parentesi fine a se stessa, e invece Santoro è abilissimo nel tradurre le questioni sollevate dalla ragazza (“noi siamo più forti della camorra, ma dobbiamo essere aiutati dallo Stato) in dibattito politico ed economico tra gli ospiti in studio: possiamo davvero tagliare tutto in nome dell’austerity? Anche i presidi di legalità e i progetti di riqualificazione urbana al Sud, per esempio? Lasciando che la tragedia di Pasquale Romano si replichi senza fine (sono più di 600 i morti ammazzati per sbaglio dalla criminalità organizzata)?

E insomma, Santoro è innegabilmente bravissimo, si è costruito attorno una squadra di collaboratori di grande professionalità ed è più che mai capace di sfruttare al meglio i soliti ingredienti del talk show per offrirci quanto di meglio si può trovare sul piccolo schermo. Certo, saremmo curiosi di vederlo alle prese con nuove formule e sperimentazioni. A parole, anche lui sembra ansioso di cambiare. Intanto, ce lo prendiamo così com’è assolutamente soddisfatti.

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Scritto da Style24.it Unit

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