Room: la storia vera a cui si ispira il film

Il film candidato a 4 premi Oscar si ispira a una storia realmente accaduta: Room racconta il fatto di cronaca nera chiamato "caso Fritzl", datato 2008

Diretto da Lenny Abrahamson e uscito al cinema nel 2015, Room è l’adattamento cinematografico del romanzo del 2010 Stanza, letto, armadio, specchio (Room), scritto da Emma Donoghue.

Lo stesso romanzo, per chi non ne fosse a conoscenza, è ispirato a una storia vera, il caso Fritzl: scopriamo insieme di che cosa si tratta.

Room: la storia vera a cui si ispira il film è il caso Fritzl

Una stanza piccolissima che nel giro di poco diventa il mondo intero: una mamma e il suo bambino finiscono con l’essere una cosa sola. Dentro quelle quattro mura vive il dolore di una madre che ha subito e subisce violenza, ma vive anche il dolore di un bambino di cinque anni che nulla conosce oltre alla violenza stessa.

Il film, uscito nelle sale nel 2015, si ispira a un romanzo che a sua volta si ispira, purtroppo, a una storia realmente accaduta.

Si tratta infatti del “caso Fritzl” (Amsterdam, Austria, 2008): l’accaduto vede come protagonista una giovane ragazza di nome Elisabeth, tenuta rinchiusa dal padre dentro un bunker per ben 24 anni, dall’età di 18 fino ai 42. Il padre, Josef Fritzl è colui che dà il nome al caso di cronaca nera ed è il vero carnefice di tutta l’agghiacciante storia. Pare infatti che Fritzl abbia più volte abusato della figlia mettendola incinta 7 volte e lasciandola partorire senza aiuti medici e assistenza. Uno dei 7 figli è purtroppo deceduto e il corpo è stato bruciato dall’uomo in un inceneritore, 3 di essi sono invece stati cresciuti dall’uomo e dalla moglie (dichiarò di non avere assolutamente nessuna idea dei crimini commessi dal marito).

Fritz dava a Elisabeth e ai figli tenuti rinchiusi cibo e acqua, ma erano numerosi gli episodi di “punizione” che prevedevano, tra le violenze continue, anche il digiuno totale.

La terribile storia ha cominciato a venire a galla nel 2008, quando la figlia maggiore di Elisabeth (Kerstin, 19 anni) fu portata in ospedale a causa di un problema ai reni. Dopo una serie di complicazioni, i medici pare avessero trovato un biglietto in cui era descritta la vita della ragazza e, insospettiti dalla situazione, allertarono la polizia, che cominciò a fare indagini su indagini. La figlia 19 enne entrò in coma per diversi giorni e fu allora che Fritzl decise di liberare Elisabeth e di portarla in ospedale, minacciando di uccidere i bambini chiusi nel bunker se non avesse collaborato.

Dopo una serie di peripezie, sospetti e indagini, la polizia riesce a trovare la casa dell’orrore e libera i figli dal bunker.

Josef Fritzl (73 anni) è stato incriminato per riduzione in schiavitù, sequestro di persona, stupro, coercizione, incesto e anche per l’omicidio colposo del neonato Michael. Il 19 marzo 2009 Fritzl è condannato all’ergastolo senza possibilità di libertà condizionata per i seguenti 15 anni.

La pellicola di Lenny Abrahamson, datata 2015, è stata candidata a quattro premi Oscar, tra cui quello a migliore film e aggiudicandosene uno per la migliore attrice protagonista a Brie Larson. Un film ricco di emozioni, di sensazioni contrastanti e di una pelle d’oca indescrivibile: impossibile non provarla pensando alla terribile storia a cui si ispira. La pellicola è disponibile su Netflix.

Scritto da Marta Mancosu

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