Quelle domande che nessuno fa a Marchionne perché “fuori dal sistema”

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Ciò che più mi ha colpito dell’intervista rilasciata da Sergio Marchionne nel corso della trasmissione Che tempo che fa di domenica scorsa è stata la sua assoluta prevedibilità: scontatissime risultavano le domande di Fabio Fazio, che da borghese e milionario progressista si preoccupava dei posti di lavoro e dei diritti degli operai, e altrettanto prevedibili apparivano le risposte dell’ad Fiat, che da bravo manager presentava cifre e numeri di fronte ai quali – secondo l’ottica d’impresa – dovrebbe piegarsi qualsiasi “filosofeggiare”.

Certo in fin dei conti era un dialogo tra due milionari, da un momento all’altro ci si poteva aspettare uno scambio d’opinione sul costo degli attici a Park Avenue, ma forse anche con un intervistatore dal conto corrente più modesto le cose non sarebbero cambiate. Perché i mass media, come ci hanno spiegato centinaia di studi sociologici sul tema, tendono invariabilmente a legittimare lo status quo, a dare giustificazioni della realtà sociale così com’è, a evitare in ogni modo di mettere in discussione i capisaldi del sistema, di cui a ragion veduta si sentono una parte essenziale.

Se così non fosse durante un’intervista come quella di domenica le domande potrebbero andare oltre la stretta attualità e affrontare anche altri temi, quelli in realtà più importanti e generali che riguardano la vita di tutti noi, ma che nessuno sfiora perché, appunto, rientrano nel novero degli argomenti indisponibili, poiché parte del quadro valoriale e normativo di riferimento della nostra società capitalistica.

Ma se ci sforziamo di affrontare la questione da un punto di vista nuovo, lasciamo perdere i pregiudizi e gli schemi mentali tipici della nostra cultura e osserviamo con gli occhi di un antropologo che studia una realtà sconosciuta, l’aspetto che salta agli occhi prima di tutto il resto è la gigantesca diseguaglianza di ricchezza, prestigio e potere che esiste tra le due parti in causa: operai e padroni, per usare un linguaggio un po’ vecchio.

 Cosicché una domanda potrebbe essere: Signor Marchionne, ritiene moralmente legittimo che una sua firma possa togliere il posto a migliaia di lavoratori? O ancora: ritiene eticamente accettabile che la sua retribuzione superi di 400 volte il salario di un operaio?

Non voglio fare demagogia, vorrei che si capisse bene il senso del discorso: con queste regole del gioco, con il libero mercato e questo tipo di capitalismo, è sacrosanto che Marchionne guadagni quello che guadagna, così come è giustissimo che Ibrahimovic intaschi 10 milioni di euro all’anno, così come è normale che per un’apparizione televisiva di mezz’ora un premio Oscar possa ricevere un onorario di trecentomila euro.

È la legge della domanda e dell’offerta, e noi l’abbiamo consapevolmente accettata e la usiamo ogni giorno nei rapporti economici,e forse non solo in quelli.

Però ecco, sarebbe bello che i mass media ogni tanto volassero oltre la cronaca e ci insegnassero a riflettere e mettere in discussione anche le regole di base del gioco. Perché la realtà nella quale viviamo non è data e immutabile, non è discesa dal cielo ma l’abbiamo creata noi, e continuerà ad esistere solo nella misura in cui ogni nostro comportamento la confermerà giorno dopo giorno.

Tra l’altro non è detto che sia la migliore possibile, su questo ogni tanto dovremmo quantomeno provare a riflettere.