Obama presidente, quanto Š deprimente essere italiani oggi

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Perdonate il ritardo, ma ieri vi avevo avvertito.

Inutile trasmettervi la mia gioia, tanto già sapete. Anzi, a pensarci bene anche voi ne avrete da trasmettere a me, ne sono sicuro. Scambiamoci 'sta gioia, allora. Da ieri si parla di un cambiamento epocale, ed è giusto: il 5 novembre 2008 a mio parere equivale – storicamente parlando – all'11 settembre 2001. Anzi, più che storicamente oserei dire socialmente parlando.

Non ci si illuda, gli Stati Uniti non subiranno una rivoluzione democratica come la intendiamo noi in Italia, ciò che non ci piaceva allora – politica estera a parte – non ci piacerà nemmeno oggi.

E infatti non è l'aspetto politico quello più interessante ma, come accennavo qui, è "l'ondata popolare" che si porta dietro quest'uomo ad essere il vero punto di forza; anzi di rottura.

Scrivevo un paio di giorni fa ('mmazza che bello autocitarsi): 

E' ciò che si è mosso dietro a Barack Obama che ha del miracoloso, non Barack Obama in quanto politico. Cosa vuol dire? Bè, che la marea che ha creato lo accompagnerà durante un'eventuale presidenza degli Usa.

E' come se fosse ormai inseparabile da tutto ciò che ha smosso alle spalle della propria personalità.

"L'Obama reale" non è Barack, ma è la massa di gente che sta credendo in lui: un fiume in piena difficile da arginare. Per intenderci meglio: la mia speranza è che per una volta si possa vedere alla Casa Bianca non un uomo, non un gruppo di potere, ma un rappresentante di una massa critica attiva.

Ecco, da oggi Obama, per come si è presentato al mondo, dovrà muoversi tra i corridoi della Casa Bianca con una schiera ingombrante di milioni elettori che hanno creduto in lui, persone appiccicate le une alle altre che urteranno involontariamente i suppellettili della casa più ambita del mondo ad ogni piccolo passo. E che saranno anche in grado di devastargli "l'appartamento" al primo tentativo di allungare la falcata per chiudersi da solo nella Stanza Ovale.

Obama, più che incarnare un sogno americano, sta incarnando il rinnovamento: è nel posto giusto al momento giusto. Anche noi ne avremmo bisogno. Invece il nostro Obama è Silvio Berlusconi, è lui il personaggio che masse di pecoroni hanno adorato, è lui il simbolo del cambiamento italiano, del rinnovamento, della speranza, della libertà. E dall'altra parte c'è Veltroni, con un altro seguito di pecoroni che, tuttavia, si differenziano da quelli che amano il capo del principale schieramento a lui avverso.

Chi ha votato Uolter si è tappato il naso, era ben poco adorante, chi ha votato Silvio nella maggior parte dei casi lo avrebbe baciato in cabina elettorale.

Quali sono i pecoroni migliori? Bah, direi che si equivalgono.

Ho scritto che un giorno avremo anche noi un Obama. Ci credo veramente, la classe politica sarà obbligata a rinnovarsi per sopraggiunta morte – causa vecchiaia – dei suoi protagonisti. Verrà, eccome se verrà. Lasciate questa speranza ai vostri figli.

E il resto del mondo? Riuscirà ad avere qualche vantaggio grazie all'elezione di Obama? Certo, a livello di politica estera sicuramente, a livello economico non credo. Comunque sia il vento di rinnovamento americano è arrivato in tutto il mondo, non ha avuto effetti immediati, è ovvio, ma la classe politica ha subito un duro colpo: dovrà rimettersi in gioco, tentare di rinnovarsi. Certo, non alla maniera del Se po' fà di Veltroni, non è un gigione che scimmiotta la soluzione.

Staremo a vedere, a gennaio si inizierà a capire in che direzione andranno gli Usa. Fino ad allora i festeggiamenti sono più che giustificati.

La ricerca di una casa negli Usa altrettanto.