Morta la piccola Diana: perché i servizi sociali non sono intervenuti?

Tag: donne
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Morta la piccola Diana: perché i servizi sociali non sono intervenuti salvando la bambina dagli abusi subiti da parte della madre Alessia Pifferi?

La testimonianza dei vicini di Alessia Pifferi

Sul caso della piccola Diana, morta di stenti dopo essere stata lasciata sola in casa dalla madre per quasi una settimana, continuano a rincorrersi gli interrogativi sulla morte della bambina. In particolare, rispetto alla madre della vittima, Alessia Pifferi, i vicini di casa della donna hanno tratteggiato un quadro che lascia a dir poco sconcertati. I vicini, infatti, hanno raccontato di non aver mai visto la donna mostrare un gesto d’affetto nei confronti della figlia.

Al momento del ritrovamento del corpo della bimba, le forze dell’ordine hanno trovato la casa della 37enne in preda al disordine e con il frigo completamente vuoto. Inoltre, Alessia Pifferi ha rivelato agli inquirenti di aver lasciato la figlia da sola in casa in almeno altre due circostanze.

A quanto si apprende, la piccola Diana non compariva nelle liste d’attesa di nessun asilo e non aveva un pediatra di riferimento.

Alla luce di simili racconti, sorge spontaneo chiedersi per quale motivo i servizi sociali non siano intervenuti.

Morta la piccola Diana: perché i servizi sociali non sono intervenuti?

In Italia, una situazione di degrado può essere segnalata ai servizi sociali in due modi: con l’accesso spontaneo oppure tramite segnalazione da parte della Procura. Nel primo caso, è fondamentale che il diretto interessato si presenti dall’ente competente facendo richiesta di essere assistito.

Nel secondo caso, siccome i servizi sociali non possono attivarsi in modo autonomo, è necessario che l’intervento venga richiesto dalla Procura. Inoltre, all’atto della segnalazione, è fondamentale verificare che le informazioni siano quanto più precise possibile e, soprattutto, veritiere.

Inoltre, dopo essere stati allertati, i servizi sociali potranno inviare una segnalazione alla Procura oppure contattare le forze dell’ordine.