Magdi Cristiano Allam, Souad Sbai e la conversione patologica all’Occidente

Tunisia, Egitto, Libia e adesso forse anche Siria e Yemen: si parla sempre di più di primavera araba e della caduta di un secondo muro di Berlino, questa volta in Medio Oriente. Normale dunque che in tv ci si imbatta facilmente in Magdi Cristiano Allam, ex giornalista di origine egiziana e adesso leader di un movimento schierato col centro-destra, e Souad Sbai, presidente delle donne marocchine in Italia e parlamentare del Pdl.

Del resto chi meglio dei due, con la loro storia di cittadini nordafricani poi perfettamente integrati in Italia, potrebbe raccontarci cosa sta succedendo al di là del Mediterraneo? Peccato che a sentirli parlare si rimanga piuttosto interdetti, nel senso che tale è la diffidenza e il disincanto nei confronti delle rivoluzioni arabe che quasi sembra di sentir parlare Borghezio e la Santanchè.

Mi è capitato di ascoltare Allam infervorarsi a Matrix per dimostrare e convincerci che i tumulti scoppiati nel Nord Africa non sono rivoluzioni come le intendiamo noi occidentali, non rappresentano un moto di popolo che chiede libertà e democrazia, ma semplicemente scontri tra tribù e gruppi di potere alimentati dal fanatismo religioso. E guardavo sgomento, durante il programma della Gruber, l’ira della Sbai interrompere la corrispondenza di un giovane blogger italiano da Bengasi, che raccontava di una vera protesta popolare partita dal basso e senza infiltrazioni jihadiste.

Per carità, qua nessuno ha la sfera di cristallo e vuole raccontare delle favole, si sa che i processi storici di questo tipo sono lunghi, contradditori e imprevedibili, ma nelle parole di Allam e di Sbai, nella totale chiusura di credito rispetto alle aspirazioni dei giovani arabi, nel loro totale scetticismo riguardo alla possibilità di riscatto e di democrazia di quei popoli, si avverte – è incredibile dirlo ma è così – quasi una sorta di razzismo, di convinzione antropologica che libertà e democrazia non siano beni e privilegi alla portata di quelle genti, da cui pure i nostri due italiani naturalizzati provengono.

Forse è un comportamento che si può comprendere con la volontà di rinnegare pubblicamente le proprie radici, di cancellare una storia che si ritiene ingombrante e d’intralcio alla piena acquisizione della nuova identità politica e sociale. È in fondo quello che succede, secondo una consolidata teoria sociologica, alle persone che sperimentano forti percorsi di mobilità sociale ascendente: quando si riesce ad entrare nelle alte sfere della società e si abbandonano i gradini più bassi da cui si è partiti, alcuni sono così ansiosi di essere accettati – o così timorosi di essere rifiutati – che adottano una sorta di superconformismo rispetto ai costumi e ai valori del nuovo gruppo di appartenenza.

Insomma Magdi Allam, battezzatosi in pubblico come Cristiano con cerimonia ufficiale celebrata dal papa e fondatore di un movimento chiamato “Io amo l’Italia” – e Souad Sbai sono malati di un’ossessione conformista e nella corsa ad apparire più occidentali degli stessi occidentali hanno finito per perdere di vista ciò che c’è di più ricco e originale nella cultura democratica dei nostri Paesi: la tolleranza e il rispetto verso tutte le culture, veri valori che fanno da pilastro a tutte le costituzioni degli stati liberi di questa parte del mondo.

(In alto: un momento del battesimo di Magdi Allam, fonte: paolomoschini.it).

Scritto da Style24.it Unit

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