Luca Ronconi 80 anni: il nostro omaggio al grande regista teatrale

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Quattro volte vent’anni e una vita di successi e rivoluzioni a teatro.

I nostri auguri a Luca Ronconi

Inizia come attore dopo essersi iscritto all’Accademia nazionale d’arte drammatica, è vero, ma sin dal principio appare che non era quello il ruolo che faceva per lui.

Luca Ronconi, di cui oggi si festeggia l’ottantesimo compleanno (ma lui preferisce che lo si ricordi alla francese, “quatre-vingts” quattro volte venti), è divenuto infatti uno dei massimi rappresentanti della cultura italiana del Novecento, nonché uno dei più grandi registi teatrali di epoca moderna.

La sua è una passione che nasce dall’infanzia, quando la madre lo porta a vedere una commedia di cui oggi non ricorda niente, se non il protagonista Gilberto Govi, e la stato di eccitazione in cui lo fa piombare quell’esperienza sconvolgente e rivelatoria:

Non avrei potuto fare altro che teatro, che ritengo il lavoro più bello del mondo. Ho sempre saputo che il teatro era l’unico pelago in cui potevo nuotare.

All’inizio non volevo fare il regista, volevo solamente vivere nel teatro. Per me il teatro era l’unico territorio in cui potessi respirare naturalmente“. 

Il debutto avviene dopo essere stato scritturato da Luigi Squarzina in Tre quarti di luna. Il giovane Ronconi se la cava ma non si trova a suo agio e si ripromette di trovare il prima possibile il posto più adatto a sé all’interno dell’amato mondo della finzione scenica:

Non mi interessava tanto la condizione dell’attore, quanto i problemi relativi alla recitazione dell’attore.

Recitare non mi piaceva, perché mi mancava quel tanto di piacere esibizionistico indispensabile a qualsiasi attore. Mi piace che l’attenzione degli altri vada a quello che faccio più che a quello che sono“.

Lo stesso collega Vittorio Gassman si accorge immediatamente delle doti del ragazzo, che tende ad allargarsi durante le prove arrivando a coordinare gli altri attori. Un destino già segnato, il suo, come si comprende all’epoca grazie a una delle sue prime regie, un Riccardo III del 1968 impersonato proprio da Gassman (che tra l’altro, in una locandina dello spettacolo di Squarzina veniva pugnalato alle spalle da Luca).

Ma è nel 1969 che l’estro imprevedibile e magniloquente del regista inizia a farsi notare in Italia e in tutto il mondo. È infatti l’anno di Orlando furioso, in una versione imponente e sperimentale, montata su una serie di palchi mobili che attraversano il centro storico della città ospitante l’evento. Si tratta di una rivoluzione radicale che trasforma l’idea di spazio scenico e l’esperienza spettatoriale: il pubblico, non potendo seguire le singole scene, che si svolgono in contemporanea, è invitato a scegliere il proprio percorso come se si trattasse delle pagine di un grande tomo da sfogliare, senza troppa preoccupazione per l’andamento narrativo.

In questo periodo avviene anche l’incontro con l’amica e sodale Mariangela Melato, che prenderà parte anche all’adattamento televisivo dell’opera, paradossalmente cristallizato e ieratico quanto l’altro era fresco e mobile.

Di Ronconi regista si discutono in particolar modo alcuni elementi che concorrono a identificarne lo stile: la fascinazione tutta neobarocca e avanguardistica allo stesso tempo per macchinari teatrali complicatissimi e per l’utilizzo di palchi del tutto inusuali (ricordiamo I lunatici del 1966, testo elisabettiano allestito in un manicomio, Gli ultimi giorni dell’umanità del 90 preparato nella vastissima sala macchine del complesso del Lingotto a Torino, i cinquanta cambi di scena de I dialoghi delle Carmelitane dell’86, per emulare il montaggio cinematografico); la recitazione straniata e antinaturalistica dei suoi interpreti, spesso chiamati a veri e propri tour de force attoriali; la durata a volte smisurata e quasi insostenibile delle sue regie (le dodici ore di Ignorabimus), che se da una parte mette a dura prova la resistenza del pubblico dall’altra imprime la sensazione di essersi trovati dinanzi a un’opera chirurgica, affilata, precisa, sconfinata e profondissima perché attraversata da molteplici e differenti istanze.

Negli scorsi giorni vi è stato l’omaggio di Rai storia che ha dedicato due serate televisive all’autore. Oggi invece presso il Teatro Studio del Piccolo, con cui ormai da quasi 15 collabora in modo privilegiato da consulente artistio, avverrà la consegna del Sigillo della città di Milano conferito dal sindaco Giuliano Pisapia e dell’assessore Stefano Boeri in onore di colui che tanto prestigio ha donato alla cultura meneghina.

Foto: Piccolo Teatro