Lega Nord tra Libia e federalismo, il vero partito patacca d

Prendete il caso Libia. Berlusconi compie l’ennesima giravolta e da amico personale di Gheddafi decide di fargli la guerra e lanciargli le bombe. La Lega non ci sta, fa la voce grossa, minaccia sfracelli. Alla fine, come sanno tutti, si vota una mozione in parlamento che parla della necessità di dare un termine alla missione militare, ma delega questo compito alla Nato e precisa che, in ogni caso, l’Italia non si potrà ritirare unilateralmente dal conflitto. Quindi? Tutto come prima, ma Umberto Bossi con sprezzo del ridicolo blatera di vittoria leghista e ripete i soliti deprimenti slogan celoduristi.

Vogliamo parlare degli altri cavalli di battaglia del Carroccio? Per esempio il famoso federalismo, approvato dal centrosinistra con la riforma del titolo quinto della costituzione (quello leghista fu sonoramente bocciato dagli italiani), che oggi alla luce dei decreti attuativi scritti da questo governo si tradurrà, come hanno capito anche i più ingenui, in un ennesimo rincaro delle tasse. O che dire degli immigrati, che continuano ad aumentare e ad arrivare da ogni dove nonostante gli slogan da cowboy dei leghisti, buoni evidentemente solo per strappare qualche applauso a Pontida?

E più in generale, sulla legalità, cosa hanno prodotto quasi dieci anni ininterrotti di governi col Carroccio, i cui leader sono sempre in prima fila a indignarsi contro scarcerazioni facili e pene troppo miti? Sono forse state introdotte delle riforme nel diritto penale che inaspriscono le sanzioni e che limitano i benefici carcerari? Non ci risulta, le uniche misure in questo campo anzi, incredibilmente, sono tutte di segno opposto, tra depenalizzazioni e processi brevi, per aiutare l’alleato Silvio nella sua indecorosa fuga dai processi.

Verrebbe da domandarsi allora per quale arcana ragione la Lega riscuota ancora tanti consensi e forse una risposta la si può trovare. Spacciata fumosamente come partito del territorio, come se gli altri stessero tra le nuvole o sottacqua, in realtà il Carroccio è da tempo un partito di plastica, come e peggio della prima Forza Italia. È un partito che drena consensi grazie al culto del leader, a una comunicazione spregiudicata, fatta di parole d’ordine e slogan estremisti che parlano alla pancia della gente, a un’immagine mediatica di duri e puri, di battitori liberi lontani dai compromessi della vecchia politica, di persone di popolo che parlano come mangiano, scese a Roma per fare unicamente gli interessi di chi li ha eletti.

E invece, se uno va a vedere oltre il fumo e le baggianate sulla Padania, sul celodurismo, sulle pernacchie e il dito medio, si ritrova davanti al nulla. Risultati ottenuti per il tanto amato Nord e per il Paese in generale: pressoché zero. In compenso, una stabile pattuglia di parlamentari, ministri e sottosegretari, più un esercito di uomini in cravatta verde nei più disparati consigli d’amministrazione degli enti pubblici. Perché una cosa bisogna ammetterla: nell’occupazione delle poltrone i leghisti sono eccezionali, non li batte nessuno, come spiega approfonditamente la collega Eleonora Bianchini nel suo illuminante studio sul Carroccio. Assolutamente da leggere, possibilmente prima delle elezioni.

(Nella foto: il popolo leghista a Pontida; fonte: finanzaonline.com).

Scritto da Style24.it Unit

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