Un noir dalle sfumature politiche da un cineasta che proviene dal documentario
Presentato in anteprima al Festival di Locarno, arriva oggi nelle sale italiane La variabile umana, ultimo film (ma prima opera di finzione) di Bruno Oliviero.
Il regista infatti ha alle spalle una lunga e nobile carriera di documentari mandati in onda dalle televisioni di tutta Europa, in particolar modo i più recenti riguardanti la magistratura italiana e il fenomeno omnipervasivo della mafia.
Nella sua ultima pellicola, ambientata a Milano, città d’adozione del cineasta in grado di anticipare i tempi per quanto concerne l’intero Paese, è avvenuto il passaggio al cinema di fiction per rispondere a un’esigenza di maggiore libertà creativa in grado di parlare in maniera obliqua della realtà politica dei tempi moderni.
Il tono è quello del noir, e il riferimento più o meno esplicito “viene da un certo tipo di letteratura americana degli anni ’30, da autori come Chandler per esempio“. Il protagonista, l’ispettore Monaco (Silvio Orlando) è il classico uomo delle forze dell’ordine disilluso e indurito dal suo mestiere, rispondente alla necessità di “un uomo che rappresentasse la legge, che fosse un po’ deluso rispetto alla sua carriera, richiamato da un fatto personale a ripensare il suo ruolo di uomo pubblico“.
Il poliziotto, che dopo la morte della moglie ha deciso di lavorare dietro una scrivania, viene chiesto dalle autorità e dall’amico Levi (Giuseppe Battiston) di occuparsi di un caso scottante: la morte dell’imprenditore Ullrich, molto in vista nel capoluogo lombardo. Come se non bastasse la figlia di Monaco, Linda (la debuttante Alice Raffaelli), con la quale il rapporto si è fatto molto difficile, viene portata in commissariato perché trovata in possesso di una pistola durante una festa.
L’indagine porterà alla luce un ambiente promiscuo di alto livello frequentato da Ullrich che è solito inghiottire giovani ragazze come la sua: venendo a capo dell’omicidio Monaco spera così di poter recuperare anche il legame perduto con Linda.