La sindrome Montalbano e la lezione dell’Olgiata: a volte l’assassino è davvero il maggiordomo

Come sanno tutti gli appassionati di gialli, l’assassino non è mai il maggiordomo. Un po’ perché in molte storie di maggiordomi non c’è traccia, e un po’ perché – quand’anche c’è – il signore in livrea è il personaggio più scontato a cui pensare: estraneo alla famiglia, magari avido o mosso da qualche risentimento personale, risulta sempre in cima alla lista dei sospetti. E ogni giallo che si rispetti per essere tale deve stupire il lettore, con un colpevole che risulti insospettabile fino alla penultima pagina.

È infatti il mistero, l’enigma, la complessità dell’intreccio e l’arguzia nel dipanare la matassa ciò che avvince di più il pubblico e che da ormai più di un secolo decreta il successo di questo genere letterario e cinematografico. Non a caso in queste settimane conferma il suo straordinario successo un detective di casa nostra, il commissario Montalbano, poliziotto siciliano creato dalla magica penna di Andrea Camilleri, che ieri ha risolto – per ora – il suo ultimo caso (senza incriminare nessun maggiordomo).

L’unico inconveniente della fiction poliziesca è l’influenza che può esercitare sugli inquirenti veri: quanti commissari di polizia si sentiranno un po’ Montalbano, Sherlock Holmes o Maigret? Come gli inquirenti del delitto dell’Olgiata, che in questi vent’anni hanno setacciato le piste più improbabili (ma suggestive) tra servizi segreti e complotti famigliari, e che di fronte a un maggiordomo licenziato e pure indebitato devono aver pensato: ma no, troppo semplice, e poi non è mai il maggiordomo. E invece…

Scritto da Style24.it Unit

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