La lotta di Damiano Rizzi per gli orfani di femminicidio in Italia

Un uomo affronta il dolore e la solitudine per dare voce agli orfani di femminicidio.

Una storia di dolore e resilienza

Damiano Rizzi è un uomo che ha trasformato il suo dolore in una missione. Dopo l’omicidio della sorella Tiziana nel 2013, Damiano ha assunto un ruolo fondamentale nella vita di suo nipote, rimasto orfano a soli due anni e mezzo. La sua storia è un esempio di come l’amore e la determinazione possano emergere anche nei momenti più bui. Da psicologo e presidente della Fondazione Soleterre, Damiano non solo ha adottato il piccolo, ma ha anche deciso di lottare per i diritti degli orfani di femminicidio in Italia.

Il vuoto lasciato dalla violenza

Il femminicidio di Tiziana ha lasciato un segno indelebile nella vita di Damiano e della sua famiglia. La mancanza di un supporto adeguato da parte dello Stato ha reso la situazione ancora più difficile. “Quando una donna viene uccisa, cosa fa lo Stato?” si chiede Damiano. La risposta è spesso deludente: un processo all’assassino e poco altro. Non esiste un registro ufficiale degli orfani di femminicidio, né un sostegno psicologico e scolastico adeguato. In Italia, si stimano oltre 2.000 orfani, ma nessuno sa chi siano e quali siano le loro necessità.

La nascita di ‘Tiziana Vive’

Per dare voce a chi vive relazioni violente e per mantenere vivo il ricordo di sua sorella, Damiano ha fondato l’associazione “Tiziana Vive”. Questa iniziativa non è solo un tributo alla memoria di Tiziana, ma un modo per raccogliere le storie di altri orfani di femminicidio. “Non possiamo più permetterci il silenzio”, afferma Damiano, sottolineando l’importanza di un intervento concreto da parte delle istituzioni. Chiede un tavolo interministeriale permanente per affrontare le problematiche legate agli orfani di femminicidio, un luogo dove si lavori ogni giorno per garantire loro un futuro migliore.

Un appello alle istituzioni

Damiano Rizzi non si è fermato alla sua esperienza personale. La sua lotta è diventata un appello per tutti coloro che, come lui, si trovano a dover affrontare il dolore di una perdita violenta. “Chi resta è l’unico futuro possibile”, afferma con determinazione. La sua storia è un invito a riflettere sulla necessità di un cambiamento culturale e legislativo in Italia, affinché nessun bambino debba più affrontare la solitudine e l’abbandono dopo la perdita di un genitore a causa della violenza di genere.

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