Al cinema in questi giorni una commedia sulla singletudine italiana
Non di sola commedia volgare vive il cinema italiano.
Ci sono anche drammi, drammoni e commedie drammatiche dedicati ai single trenta-quarantenni che non riescono a trovare un posto adatto a loro.
Questi personaggi archetipici della filmografia tricolore contemporanea, la cui presenza è tanto frequente da sfiorare l’inverosimiglianza, sono figurine incapaci di crescere e di maturare come vorrebbe la società alla quale appartengono, o semplicemente di godersi la vita incuranti delle aspettative altrui.
Arrivato con La finestra di Alice al terzo lungometraggio, il quasi cinquantenne Carlo Sarti decide di voler dire la sua sull’argomento.
Si gioca allora la carta dell’omaggio, riprendendo spunti dal maestro del brivido Alfred Hitchcok, esplicitamente citato nel titolo (La finestra sul cortile), dal meno appariscente Patrice Leconte e il suo L’uomo del treno, storia dello scambio di due esistenze contrapposte, e infine dall’immortale Billy Wilder con La strana coppia formata dai grandissimi Jack Lemmon e Walther Matthau.
Protagonista del film è lo squattrinato e timido Gabriele (interpretato da Fabrizio Bucci), autore di manuali tecnici con velleità da scrittore, ossessionato dalla bella Alice (Clizia Fornasier), la vicina che abita nel palazzo di fronte spiata di frequente.
Per raggranellare qualche euro Gabriele decide di affittare una camera al misterioso spagnolo Fabio Fernandez (Sergio Muniz), il quale con il suo carattere estroverso e la sua sicurezza riuscirà a tirar fuori dal guscio il nuovo amico, che in realtà l’ha preso ben poco in simpatia. Un giorno però si verifica un omicidio nel vicinato e chi ci va di mezzo è proprio Fernandenz, divenuto il principale accusato a causa di alcuni screzi con il commissario di polizia…
Nel cast anche Enrico Beruschi e Debora Caprioglio. Il regista racconta le motivazioni che lo hanno spinto a dirigere La finestra di Alice:
“Il film è una commedia di formazione sulla ricerca della propria identità. Il binocolo con cui il protagonista scruta la vita ‘degli altri’ è la rappresentazione del limite esistenziale e affettivo del protagonista Gabriele. E in Gabriele il desiderio lancinante di superare il suo mondo chiuso passa proprio attraverso lo sguardo con il binocolo.
Ma si tratta di una battaglia persa in partenza. Il binocolo, infatti, nel nostro caso non è che uno strumento di solitudine. Solo nel confronto vero con gli altri potrà avvenire la vera crescita della persona.“