Il segreto dei ritornelli del Festival di Sanremo

© 9Colonne – Roma, 16 feb (servizio di Ernesto Siciliano, citare la fonte)

Riparte con il festival di Sanremo la sagra dei ritornelli.

La struttura delle canzoni "leggere" prevede infatti la ripetizione di un motivetto musicale facilmente memorizzabile. L'iterazione costante, più o meno intensa, di uno stesso elemento all'interno di uno schema sonoro è peraltro un artificio antico come il mondo, già cantato da Franco Battiato nel verso di un suo vecchio successo: "Nei ritmi ossessivi la chiave dei riti tribali".

Un gruppo di scienziati svela adesso quali sono i meccanismi mentali che fanno imprimere alcuni tormentoni melodici nelle nostre menti in modo quasi asfissiante.

Lo studio condotto da due psicologi e pubblicato sul British Journal of Psychology conclude che i refrain di alcune canzoni, ma anche di sigle tv, filastrocche natalizie o musiche di spot, si fissano nell'area del cervello che gestisce la memoria a lungo termine.

Per tale motivo, il ricordo di queste note diventa spesso compulsivo: ritorna involontariamente anche se tentiamo di scacciarlo. Il "baco musicale", come è definita questa interferenza apparentemente immotivata nella nostra coscienza, diventa così un vero e proprio pensiero martellante.

Per liberarsene, consigliano gli esperti, bisogna ignorarlo. Andrà via dopo un paio di giorni, una volta esaurita la sua forza d'inerzia.

Gli studiosi hanno condotto la loro indagine con un sondaggio somministrato a 100 persone scelte a caso nella sala d'aspetto della stazione dei treni di Reading. La maggior parte degli intervistati, tra il 97 e il 99%, ha detto di aver subito questo contagio musicale.

Gli astanti hanno anche spiegato come hanno cercato di distrarsi dalla invasiva melodia. Invano, si sono impegnati in varie attività, come lavoro, meditazione, movimento, sport.

E' questa la conferma che il ritornello si deposita nella memoria a lungo termine, scavalcando la memoria uditiva, a breve termine.

La teoria postulata dagli scienziati inglesi è peraltro suffragata dal celebre neurologo Oliver Sacks. Nel suo ultimo libro, Musicofilia, Sacks paragona addirittura i tormentoni melodici a virus, che definisce "agenti musicali cognitivamente infettivi".

Il fenomeno studiato dagli scienziati può degenerare in un vero disturbo mentale nel caso delle allucinazioni musicali. Si tratta, è bene chiarirlo, di un problema che riguarda solo persone più vulnerabili, come gli anziani.

La sindrome è però sempre più diffusa anche tra bambini e adulti a causa del bombardamento acustico a cui siamo sottoposti.

Quando la memoria di un motivetto supera la soglia dei due giorni e la frequenza del ricordo diventa eccessiva, deve scattare l'allarme. Lo afferma lo psichiatra del Galles Victor Aziz, del St. Cadoc's Hospital, che ha condotto una ricerca su 30 persone oltre i settant'anni d'età.

Tim Griffiths, neurologo dell'Università di Newcastle Upon Tyne in Gran Bretagna, ha invece scoperto la base neuro-chimica della disfunzione con l'impiego della tomografia a emissione di positroni (Pet) con un marcatore radioattivo. Nelle persone malate, le aree del cervello coinvolte nell' ascolto della musica sono eccitate anche senza alcun stimolo esterno.

Lo studio è un contributo utile non solo per capire una patologia, ma più in generale per chiarire meglio l'influsso della musica sulle nostre menti.

Un condizionamento che, al di là delle anomalie percettive, rimane positivo.

L'"effetto Mozart", infatti, cioè la capacità della musica classica di rafforzare alcune competenze cognitive umane, si può estendere anche alla musica popolare, cosiddetta pop.

Lo ha scoperto uno staff della Glasgow Caledonian University, secondo cui l'ascolto del rock aiuta a migliorare le prestazioni mentali. Un test di memoria somministrato a 16 volontari che hanno ascoltato diversi generi musicali, ha dato un esito incoraggiante.

Le mamme possono stare tranquille: anche gli AC/DC e Jimy Hendrix fanno bene!

Scritto da Style24.it Unit
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