Il dibattito su Berlusconi: perché non perde voti? L’anticomunismo, gli italiani più sudditi che cittadini e il circolo vizioso della tv

Lunedì scorso ho cercato di spiegare, in un articolo nelle intenzioni ragionato e dettagliato, che il motivo principale per il quale Berlusconi non perde consensi, almeno non in modo significativo, di fronte a scandali che rovinerebbero la carriera di qualunque altro leader occidentale, risiede principalmente nel controllo dell'informazione televisiva. Più di un lettore mi ha però fatto notare che così il discorso, sebbene corretto, rischia di apparire troppo semplicistico. E sia, proviamo a individuare altri due aspetti che possono, credo, spiegare molto.

Il primo è l'anticomunismo, tasto su cui lo stesso Berlusconi ha fin dall'inizio battuto parecchio. Dico anticomunismo per semplicità (anche se il termine è chiaramente improprio), intendendo più in generale quell'avversione pregiudiziale che molti italiani nutrono nei confronti della sinistra del loro paese. Per farla breve: c'è una parte di elettorato di centro-destra che riconosce l'inadeguatezza del Cavaliere ma è disposta a perdonargli qualunque cosa pur di sbarrare la strada agli odiati "rossi".

Il secondo aspetto riguarda la storia dell'Italia: siamo una democrazia giovane, nata dalle ceneri di una dittatura, senza una vera tradizione democratica alle spalle. Ed è forse per questo che l'italiano medio, nei confronti di chi governa, sembra più comportarsi da suddito che da cittadino: non reclama i diritti suoi e degli altri perché gli spettano, tende piuttosto a rapportarsi al potere elemosinando favori, salvo poi in privato criticare aspramente i politici e il sistema clientelare. E comunque gli manca del tutto quell'idea, così profondamente radicata nei paesi anglosassoni e dell'Europa continentale, secondo la quale i politici sono semplici cittadini al servizio di altri cittadini, che non appena sgarrano meritano di essere rimossi e svergognati senza pietà.

Questi due elementi, chiamiamoli per semplicità anticomunismo e analfabetismo democratico, sono però rafforzati e confermati quotidianamente dalla programmazione televisiva. L'avversione alla sinistra trova terreno fertile anche grazie all'opera dell'informazione di regime, abilissima nel descrivere gli avversari di Berlusconi ora come dei torvi e grigi burocrati di partito, ora come dei moralisti con troppi scheletri nell'armadio per fare la morale.

Riguardo al secondo aspetto, l'esplicito servilismo dei giornalisti, la tendenza dell'informazione ad usare due pesi e due misure e a minimizzare o nascondere gli scandali dei potenti, costituiscono un esempio di straordinaria influenza sul pubblico, una sorta di didattica su come ci si deve rapportare nei confronti del potere: sempre con il capo chino.

Insomma, da qualunque parte si osservi la questione, la tv c'entra sempre e il conflitto d'interessi appare come il centro della paralisi – per citare Joyce – della nostra democrazia. Qualcuno a sinistra avrà cominciato a capirlo?

Scritto da Style24.it Unit

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