Gino Cecchettin e l’educazione affettiva: un invito alla prevenzione e al benessere emotivo

Francesca Neri

Laureata al MIT, oggi consulente per multinazionali su trend emergenti e tecnologie disruptive.

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In data 11 novembre, Gino Cecchettin è stato ascoltato dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio.

Questa data segna il secondo anniversario della tragica morte di sua figlia Giulia, uccisa brutalmente dall’ex fidanzato Filippo Turetta. Un dolore che ha profondamente segnato non solo la vita di un padre, ma anche quella di una comunità intera, richiamando l’attenzione su un tema che non può più essere ignorato.

Un messaggio di cambiamento

Nel suo intervento, Gino ha sottolineato l’importanza di trasformare il lutto in un impegno concreto.

La sua missione è chiara: è necessario agire per prevenire la violenza di genere e non rimanere semplici spettatori. “L’educazione affettiva non è una minaccia, ma una forma di protezione“, ha affermato Cecchettin, evidenziando come questa possa contribuire a costruire una società più consapevole e rispettosa.

Il ruolo della scuola

Secondo Gino, la scuola deve diventare un luogo di formazione non solo accademica, ma anche affettiva. “Una scuola che ignora l’importanza dell’affettività lascia i giovani vulnerabili di fronte a messaggi distorti provenienti dai social e dai modelli tossici”, ha dichiarato.

La sua Fondazione, creata per onorare la memoria di Giulia, si propone di insegnare ai ragazzi a riconoscere la violenza prima che diventi un gesto irreparabile.

Il valore della prevenzione

Cecchettin ha insistito sul fatto che la prevenzione deve essere una priorità, affermando: “Non possiamo delegare ai tribunali ciò che spetta a scuola e famiglia.” Il suo desiderio è che le generazioni future possano crescere in un ambiente in cui il rispetto e la parità siano valori fondamentali.

“La vera giustizia è l’educazione”, ha ribadito, ponendo l’accento sull’importanza di creare una cultura che riconosca il valore della vita di ciascuno.

La lotta contro il patriarcato

Gino ha denunciato la persistenza di una società patriarcale, evidenziando come il linguaggio e gli stereotipi sessisti siano ancora profondamente radicati nella cultura contemporanea. Le leggi sono importanti, ma è l’educazione a rappresentare il cambiamento necessario. Ha invitato le istituzioni a collaborare con le associazioni per affrontare in modo efficace la violenza di genere.

Prospettive future

Il padre di Giulia ha concluso il suo intervento con un appello alla comunità: non è possibile cambiare il passato, ma si può lavorare per un futuro diverso. La sua testimonianza rappresenta non solo un ricordo di una vita spezzata, ma anche un forte invito a partecipare attivamente al cambiamento culturale necessario per prevenire ulteriori tragedie. L’educazione, per Cecchettin, è la chiave per costruire relazioni basate su rispetto e uguaglianza, affinché la memoria di Giulia possa diventare un simbolo di speranza e trasformazione sociale.