Gabriele Paolini, l’artista autarchico dell’esibizionismo

Ieri sera, Enrico Mentana ha placato l’ansia di protagonismo di Gabriele Paolini.

Lo aveva già fatto il 18 aprile, lucrando due ottimi risultati: una promessa pubblica dal molestatore catodico di non tormentare più i giornalisti di strada ed una vittoria di Matrix su Porta a Porta.

Mentana ha così applicato la sentenza del Giudice che ha assolto Paolini dall’accusa di danneggiare il lavoro altrui.

Il magistrato ha addotto infatti una duplice motivazione: è diritto del disturbatore esprimere liberamente il suo pensiero, e, per di più, Paolini con le sue apparizioni favorisce l’audience dei programmi che boicotta.

In ossequio alla Legge, il conduttore del talk show di Canale 5 ha dato al “profeta del condom” Paolini la possibilità di eiaculare le sue idee ed ha iniettato a Matrix la dose aggiuntiva di audience autorizzata dal magistrato.

Non male, come boomerang!

Non giurerei però sulla durata della promessa del volubile Paolini, che intrattiene con il concetto di “saggezza” lo stesso rapporto di travolgente intimità sessuale che coltivo io, da ormai quattro anni, con la mia carissima amica Angelina Jolie.

Il “coraggioso” Paolini, in effetti, è sì una scheggia “impazzita”, ma di un fenomeno analizzato dagli studiosi dell’audience, ben più vasto di quanto si creda.

E’ l’unico vero artista dell’esibizionismo televisivo.

Il fenomeno in questione si chiama audience performativa.

In parole povere, è la parte del pubblico tv più attiva che “per una spinta narcisistica cerca di entrare nel mondo dei media in cerca di visibilità, in cerca di audience”. (La definizione è delle docenti di analisi etnografica dell’audience dell’università La sapienza, Romana Andò e Marzia Antenore).

In tema di irruzione del pubblico in scena, Paolini o Cocco sono solo l’avanguardia di un vasto fronte di frequentatori abituali della tv.

Stanchi di seguirla da casa e sprovvisti di professionalità catodica.

Sono la punta emersa di un iceberg enorme composto da ragazzi e casalinghe che si sbattono da uno studio tv all’altro per sedersi tra il pubblico di Costanzo, Scotti e Amadeus. Sperando in una inquadratura fugace che immortaleranno con il fermo immagine del videoregistratore per trasformarla in un poster.

Ma è anche formato da un esercito di dilettanti, di figuranti che parlano ai talk show di Giletti a Domenica In od ai processi di Forum.

Il “performativo” è un camaleonte che assume le forme più diverse ed è spinto dalle motivazioni più disparate, semplice curiosità o voglia di emulare i vip.

Spesso professionalizza la sua incapacità di entrare nello show business dalla porta principale.

Come fanno i tronisti di Maria De Filippi o i partecipanti compulsivi a quiz e casting di reality show di ogni genere, iscritti a vere e proprie agenzie.

E’ una fauna variopinta che ha cominciato ad organizzarsi negli anni ’80, ed è spesso raccontata da Gianluca Nicoletti, il più creativo ed efficace romanziere italiano del ramo.

Il business del bisogno “performativo” non è sfruttato solo dalle agenzie di Spettacolo, ma anche da operatori turistici che propongono viaggi in autobus dalle regioni più remote agli studi televisivi di Roma e Milano.

In USA, è un affare molto più avanzato. Il tour agli studi tv di Hollywood della CBS o NBC è inserito in un pacchetto comprensivo di visita ai set di fiction, reality e talk show, partecipazione al programma come pubblico in studio e ,in alcuni casi, in prima persona come co-protagonisti.

Denominatore comune di questa razza di tronisti, telespettatori di mestiere, frequentatori di casting “non professionali”, è la mancanza di un talento televisivo associata alla voglia di essere in ogni caso protagonista non più per interposta persona, ma direttamente.

Collocato in questa prospettiva, in compagnia cioè di questo ceto dalle rituali abitudini impiegatizie, Gabriele Paolini diventa un artista.

Perché è l’unico che interpreta in modo anarchico, autarchico ed originale un bisogno di esibizione molto diffuso e standartizzato.

Diffuso in modo molto banale ed ordinario.

Lui si distingue dalla massa di grigi performativi sprovvisti di professionalità, ma anche di attitudine artistica!

Se fosse furbo come Mentana, potrebbe organizzare viaggi in pulmann di performativi “remoti” per inscenare azioni di disturbo collettivo.

Cento “performativi” dalla Calabria dietro a Summonte.

Cento dal Veneto a sventolare Durex alle spalle della Berlinguer .

Nei Palazzi di Giustizia italiani, l’attività si fermerebbe. Tutti i magistrati seguirebbero Canale 5, Rete 4 e la Rai.

L’auditel dei programmi “condomizzati” salirebbe alle stelle!

Mentana farebbe una serie infinita di Matrix sui “performativi”.

Cercando di persuaderli, uno per uno: “Sù, dai, ragazzo: finiscila di fare queste str…te. Lasciaci lavorare!”.

Scritto da Style24.it Unit

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