FRU, Festival delle radio universitarie: i nuovi format nascono su Web

Le radio universitarie sono l'unico ambito di sperimentazione di nuovi format e linguaggi per il vecchio medium di Marconi?

Lo assicurano alcuni partecipanti al Fru, Festival nazionale delle Radio Universitarie , che ha radunato a Catania lo scorso fine settimana i rappresentanti delle emittenti d'ateneo di tutta Italia e tanti addetti ai lavori.

Romeo Perrotta, presidente di RadUni, associazione operatori radiofonici universitari, dice in proposito:

Nel lavoro di ricerca che abbiamo svolto in tutti gli atenei nazionali sono state individuate oltre settanta iniziative di media…Non mancano (però) elementi comuni come la sperimentazione di nuovi generi o nuovi linguaggi o la medesima scelta nel veicolare contenuti culturali e musicali.

Lele Dainesi , giornalista ed Executive communication manager di Cisco, colloca i fermenti innovatori delle radio di ateneo nello scenario globale:

Trovo che ci sia una ‘frattura culturale' che caratterizza oggi le radio tradizionali italiane. Sebbene siano molto vicine ad internet, all'interno dei loro palinsesti non vi è traccia di sperimentazione di contenuti generati dagli utenti. L'unica possibilità è data dalle radio web, dalle radio libere. Per questo motivo il matrimonio è necessario.

Per valorizzare al meglio questo slancio creativo, i media universitari dovrebbero confluire in un comune network on line: unica possibilità di superare ,spiega Antonio Caprarica, direttore di Radio Uno ed ex corrispondente da Londra per il Tg1, la "sclerosi mediatica" italiana:

Nel confronto con l'estero noi italiani arriviamo in ritardo. In Gran Bretagna la prima radio universitaria nacque nel 1964 a Glasgow, e di seguito tutte le altre. Oggi, nonostante il periodo di crisi attraversato negli anni Ottanta, il web ha ridato fiato e potenzialità alle radio britanniche (anch'esse riunite in un'unica associazione, la NASTA), le quali puntano all'espansione verso il digitale. Il fenomeno italiano è ancora più in ritardo rispetto a quello americano, dove la corrispondente associazione universitaria, l'MTVU , raccoglie oltre 750 network. In Italia, si assiste ad una sorta di ‘sclerosi mediatica', per questo non si riesce a stare al passo con la modernità, anche per rispondere alle domande di chi vuole lavorare nel mondo della comunicazione.

Continua a leggere il resoconto del workshop su Step, magazine dell'Università di Catania

Scritto da Style24.it Unit

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