La terra di Amleto conquista la vittoria grazie a Emmelie De Forest e alla sua Only Teardrops
Si è conclusa ieri l’attesissima finale dell’Eurovision Song Contest 2013, giunto quest’anno alla sua cinquantottesima edizione.
A trionfare nella competizione è stata un’altra nazione nordica dopo la Svezia: la canzone favorita dai bookmaker Only Teardrops, cantata dalla danese Emmelie De Forest, ha portato a casa la vittoria aggiudicandosi ben 281 punti.
Per il Paese della sirenetta di Hans Christian Andersen si tratta del terzo podio nella storia della manifestazione europea. Ha invece un po’ deluso Marco Mengoni, arrivato solo settimo nonostante fosse il candidato preferito della stampa.
In ogni caso il cantante è riuscito a migliorare il piazzamento di Nina Zilli, che nel 2012 si era classificata nona, ma non certo quello di Raphael Gualazzi, medaglia d’argento nel 2011.
L’italiano, già trionfatore a Sanremo proprio con L’essenziale, ha puntato tutto su una performance molto sobria, forse persino ingessata, sopratutto se messa a confronto con la giocosa e variopinta fiera del kitsch messa in scena dalla maggior parte dei rappresentanti degli altri Paesi: non sono bastati dunque il dimesso completo blu scuro e una prestazione vocale sicura e professionale.
A catturare l’attenzione degli spettatori, oltre ovviamente alla vincitrice danese, è stata di sicuro l’esibizione della finlandese Krista Siegfrids: vestita da sposa, intonante la canzone Marry Me (“Sposami”), si è prodotta in uno “scandaloso” – si fa per dire – bacio con una corista, a suo dire per sponsorizzare le unioni omosessuali in Finlandia e nel resto d’Europa.
Atmosfera da fiaba invece per l’ucraina Zlata Ohnevic che ha cantato Gravitynon prima di essere portata in braccio sul palco dal gigante buono Igor Vovkovinskiy, alto ben 2 metri e 42.
Meno spensierata, per quanto sempre allegra, la partecipazione della Grecia: in dubbio fino all’ultimo a causa della grave crisi economica, la nazione ha poi inviato all’Eurovision la band Koza Mostra con Alcohol is free, un pezzo la cui neanche troppo velata metafora richiama la tragica condizione in cui versa la terra di Omera, di cui l’Europa intesa come comunità politico-economica pare essere la principale responsabile.
We Are One, questo era il motto dell’edizione di quest’anno: potrebbe ragionevolmente esserlo anche il prossimo?
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