Enrico Silvestrin, la cornice pacchiana del Festivalbar

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"Uòna sgheps, get daun, hiar ui go", disse Enrico Silvetrin sul palco del Festivalbar.

Già, lui è così, un uomo dallo slang facile e dall'entusiasmo tutto suo. La miglior definizione, come al solito, l'ha data Dave, chiamandolo Auanagana Silvestrin: nulla di più appropriato.

Dei tre presentatori del Festivalbar si può dire un po' di tutto, partendo dagli insutli moderati per arrivare all'aggressione verbale nei confronti dello schermo televisivo. Elisabetta Canalis, nei panni di intervistatrice, sembra una stagista alla prima esperienza. Però è pur sempre gnocca, quello non si può negare.

Giulio Golia sembra un giullare di corte: "Dai, forza piazza, che bella gggente, come siete carichi, che bella città…".

Enrico Silvestrin invece è un capitolo a parte. Ha un approccio tutto suo all'inglese, lo parla con uno slang all'americana, certo con cognizione di causa, facendo però finta di essere nato nell'Oregon. I cantanti, spesso, lo guardano inorriditi: non tanto per la sua dizione, sulla quale non posso certo intervenire, ma per le domande che vengono loro rivolte.

Nella maggior parte dei casi escono dalla penna della Canalis, c'è da scommetterlo.

Eppure lui è abituato al mondo della musica, da quando è nato ci sguazza che è una meraviglia. Ha anche una band che non ha avuto grande successo (ma questa è un'altra storia). Insomma, sfodera domande banali alle quali la Avril Lavigne di turno non può che rispondere con un sorriso che in realtà cela un galeazzico "Ba vaffancuulo". 

Ci si potesse limitare solo a questa critica saremmo a cavallo.

Purtroppo non è tutto qui. Un altro spettro si aggira per il Festivalbar: lo spettro della pre-esibizione del cantante. E' un gioco teatrale.

Silvestrin, caro Enrico, non puoi venire a raccontarmi che prima di uscire sul palco eri dietro le quinte a parlare di musica alta con Max Pezzali, facendomi intendere che forse avete fatto anche una capatina nei meandri della Repubblica di Platone, perchè io mi metto a sorridere e penso piuttosto alle vostre chiaccherate sulla Harley che in decelerazione scoppietta per la carburazione magra.

Non è possibile che dietro ad ogni cantante si nasconda una persona dalle qualità intellettive mirabolanti, altrimenti ci troveremmo di fronte ad una schiera di indomiti ricercatori universitari di musicologia.

Il tuo lavoro, Silvestrin,non dev'essere quello di accentuare, esagerare, rendere tutto unico, il tuo sporco lavoro è quello di intrattenere il pubblico tra una pausa e l'altra del vero evento. Se avessimo voluto averti come protagonista assoluto avremmo indetto un referendum per farti avere una trasmissione in Rai il sabato sera.

Noi (Io? Bah, non saprei, ditemelo voi) da te pretendiamo solo un ruolo di cornice. E una cornice d'oro (potevo dire "placcato", ma non lo faccio perchè sono un signore e perchè conosco il tuo reale valore affossato dal Festivalbar), in un contesto sbagliato, è solo pacchiana