Il ritorno sulle scene del Duca Bianco
Erano 10 anni che non rivedevamo il suo caratteristico viso, tanto che erano iniziate a circolare voci riguardo un ritiro non annunciato.
Ma David Bowie come suo solito ha deciso di stupire il suo fedele pubblico e dall’inizio del 2013, a sorpresa, ha già pubblicato due nuovi singoli che hanno il compito di tracciare il sentiero per l’ultimo album in arrivo The Next Day, atteso nei negozi per l’11 di marzo.
Le voci che avevano accompagnato l’uscita inattesa del videoclip dell’apripista What We Are Now?, ovvero il diniego assoluto di qualsiasi forma di accompagnamento live (nessun tour a supporto, quindi), sembrano essere del tutto confermate.
I fan dovranno farsi bastare la musica partorita dal Duca Bianco in due anni di lavoro in totale silenzio.
E possono anche godere di chicche come questo videoclip del singolo The Stars (Are Out Tonight), girato dalla regista e fotografa pescarese Floria Sigismondi, conosciuta per i suoi lavori con Sigur Rus, Bjork, Katy Perry, White Stripes.
Fedele al suo registro inquietante, e aiutata da una bravissima e trasformata Tilda Swinton, l’autrice inserisce Bowie in un mondo finzionale che ha qualcosa di simile agli universi filmici di David Lynch (e in alcune inquadrature la somiglianza tra cantante e cineasta è notevole).
La coppia di anziani perbene viene sconvolta dall’arrivo di due celebrità che si trasferiscono proprio nella casa a loro vicina, disurbando e pervertendo la loro vita in molteplici modi.
Le immagini del videoclip congiunte alla lettura del testo della canzone (suggestiva nell’introduzione, più convenzionale ma sempre piacevole per il resto della durata) parlano di un ambiguo e ambivalente rapporto di seduzione reciproca tra un duo di tranquilli anziani e le nuove leve dello show-business, di cui uno ricorda il personaggio nel suo periodo berlinese.
Le due coppie finiscono per scambiarsi i ruoli, non prima di essersi spiati e conosciuti occultamente. La domanda che pone l’opera è forse questa: chi viene plasmato da chi? A chi è attribuibile la responsabilità della costruzione di un immaginario comune e di un’identità di massa, quando le due parti in gioco sono felici di lasciarsi contaminare a vicenda? E c’è poi tutto un discorso di genere, in quella rassomiglianza tra la Swinton e Bowie, prima solo implicita, e poi deflagrante nel finale…