Parlare e tirar fuori tutto possono curare tutte le ferite dell’anima, sembra dire questo film
Come ci si deve sentire a essere invisibili? Come si possono sopportare giornate intere senza poter parlare al proprio sposo, pena una brutalizzazione fisica o verbale? Come si può vivere senza amore? Senza la comprensione di chi dovrebbe accompagnarti per tutta la vita?
Sono le domande che si pongono tante donne e che il regista – scrittore franco afghano Atif Rahimi mette in scena nel film Come pietra paziente, tratto dal suo libro omonimo Syngué sabour.
Pierre de patience.
Secondo la tradizione popolare afghana, la syngué sabor è una pietra magica alla quale è possibile confidare tutte le preoccupazioni, i sogni, i desideri, e i segreti più reconditi, fino alla frantumazione dell’oggetto, gravato dal peso di tante parole.
Ad aiutare il regista nella trasposizione cinematografica della sua opera troviamo il grande sceneggiatore Jean-Claude Carrière, uno che nel curriculum può vantare collaborazioni con personaggi come Nagisa Oshima, Luis Bunuel, Pierre Etaix, Jean-Luc Godard.
Chi invece si è presa la responsabilità di incarnare quel senso di oppressione e poi di liberazione attraverso un processo che assomiglia molto alla tradizionale terapia psicoanalitica è la talentuosa iraniana Golshifteh Farahani (recentemente vista in Just Like a Woman), ormai esule in patria dopo essere stata considerata indesiderata dal regime oppressivo che vige nel suo Paese.
Come pietra paziente è la storia di una donna senza nome, sposata con un mujaeddhin dal quale ha avuto due figlie piccole e che l’ha sempre trattata come un’estranea e una serva.
Quando questi ritorna dalla guerra in stato di coma, tenuto in vita solo da una rudimentale flebo, la donna, dopo aver mandato le figlie dalla zia tenutaria di un bordello, inizia ad assistere e a confidare al silente e immobile corpo tutto ciò che le è accaduto in sua assenza.
In questo modo, e grazie a un imprevisto incontro, riscoprirà la propria femminilità e intraprenderà la strada verso il raggiungimento di quella felicità e libertà tanto a lungo negatele.