Buried in dvd: nell’oscurità totale con l’immobile Ryan Reynolds

Ho un ricordo molto vivido del finale di Buried: la maggior parte delle persone in sala si misero, tutte assieme, quasi concordi, ad insultare l’attore e il film, un po’ come si farebbe davanti ad uno spettacolo teatrale poco gradito. Questo per dire che la pellicola in questione, e ancora di più il dvd, per motivazioni che spiegheremo, non è un prodotto per tutti. Ah, ad essere sinceri, in quel momento io sorrisi di una gioia maligna, perché avevo appena visto gratis un film che mi era piaciuto e che aveva fatto arrabbiare il resto della sala. Ricordo anche che il battage pubblicitario aveva puntato molto sulla conclusione del film, descritta come un twist epocale, mentre in realtà rimaneva pienamente coerente con le premesse (non era quindi qualcosa di stupefacente, come il colpo di scena finale di Il sesto senso). La delusione, ma anche il coinvolgimento del pubblico, dice tanto sull’influenza che il mezzo audiovisivo ha sulle emozioni delle persone.

Ecco, nel caso voi non foste stati tra i fortunati spettatori di Buried al cinema, esce proprio a fagiolo in questi giorni il dvd!

La trama: Paul, il camionista protagonista del film (interpretato da Ryan Reynolds, futuro Lanterna Verde), mentre sta trasportando della merce in Iraq viene assalito e sepolto in una bara. Qui, e unicamente qui, si svolge tutto la pellicola nella sua interezza, ovverosia all’interno dei ristretti confini di una cassa da morto. In questo spazio angusto Paul dovrà cercare di trovare un modo per fuggire dalla propria prigione di legno, con il solo ausilio di un cellulare, un accendino e poco altro.

Chiaramente il modo in cui è girato il film tradisce la sua origine di esperimento cinematografico (si ricorda spesso il desiderio di Alfred Hitchcock di ambientare una pellicola in una cabina telefonica): il regista Rodrigo Cortés infatti, per arrivare ai canonici 90 minuti senza annoiare il pubblico, deve ricorrere a tutta una serie di accorgimenti linguistici per rappresentare la vicenda; così troviamo un fiorire di dettagli, primi piani insistiti, panoramiche sul volto, movimenti lentissimi a coprire tutta l’ampiezza della bara e, soprattutto nei primi, angoscianti, minuti l’immobilità del buio totale.

Risulta allora evidente come l’immersione del grande schermo fosse fondamentale per rendere la dimensione spaziale della prigionia di Paul; stesso discorso per quanto riguarda il sonoro, indispensabile nel riprodurre l’atmosfera cupa creata da Cortés. A meno che non si disponga di apparecchiature adeguate, quindi, bisogna considerare che il passaggio dal grande al piccolo schermo toglie qualcosa di essenziale al film.

Il valore oggettivo della pellicola, poi, non è facilmente quantificabile: se lo si prende come un esperimento ci si riesce anche a divertire, ma se lo si vede come un film d’intrattenimento le ripetizioni, l’enorme numero di chiamate al cellulare, gli inevitabili momenti morti (meno di quanto si possa pensare, grazie ad una buona sceneggiatura) e la scarsa capacità recitativa di Reynolds costituiscono dei duri scogli con cui scontrarsi. Ecco allora spiegati i fischi e gli insulti del pubblico, frustrato nelle sue aspettative e deluso per l’infrazione di “regole” cinematografiche generalmente rispettate in modo ferreo.

Come nota a margine, bisogna dire che il film non lesina alcune stoccate ben assestate all’amministrazione americana, al sistema delle assicurazioni, all’ambiente dei media e in genere ad un mondo in cui è più importante mantenere una certa immagine ufficiale piuttosto che la salvezza di una vita.

In conclusione: personalmente l’ho trovato un film avvincente e anche intelligente nel suo essere costruito su delle limitazioni autoimposte, ma mi sono ritrovato spesso in minoranza in questa mia valutazione. Mi appello quindi ai gusti soggettivi e personali del pubblico che, valutate le caratteristiche descritte, sapranno comprendere quanto l’oggetto in questione sia adatto alla propria videoteca.

Scritto da Style24.it Unit

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