Come subaffittare il lavoro di centurione a un immigrato bielorusso
Chi vive a Roma, o chi vi è stato anche solo per un breve periodo, lo sa bene: è impossibile circumnavigare il Colosseo, percorrere via dei Fori Imperiali e ammirare il Pantheon senza incappare in quella caratteristica figura tutta romana, poi esportata in giro per l’Italia, che risponde al nome di figurante vestito da centurione.
Per pochi spiccioli questi improvvisati attori, da qualche anno regolamentati dal Comune, consentono ai turisti di vivere per un attimo il sogno di plastica di ritrovarsi in un’Urbe al massimo del suo splendore.
Proprio questo improbabile mestiere è al centro della seconda pellicola di Massimo Andrei, Benur – Un gladiatore in affitto, presentata al Festival del Film di Roma con un imponente tappeto rosso occupato dalla sfilata di soldati dei tempi andati in assetto da battaglia.
Il film racconta la storia – a metà tra la miseria quotidiana e la comicità degli ultimi – di Sergio, ex stuntman dell’ormai moribonda Cinecittà. Una volta tra i più quotati professionisti, l’uomo in seguito a un incidente è costretto a barcamenarsi come meglio più, proprio come avviene per la sorella Maria operatrice telefonica a luci rosse, con la quale condivide l’appartamento.
Un giorno però Sergio conosce per puro caso Milan, immigrato clandestino bielorusso, ingegnere in patria: ancora più disperato di lui, ma in possesso di un prezioso entusiasmo, il nuovo arrivato prenderà provvisoriamente il posto del maestro, divenendo in breve l’idolo dei turisti.
Per la coppia Milan costituirà la classica ancora di salvezza e nascerà persino una travagliata quanto comica storia d’amore…
“Non volevo perdere quella comicità che scaturisce dalla mancanza totale di mezzi, da quella miseria estrema che porta i protagonisti di questa storia a fare qualsiasi cosa pur di farcela, anche travestirsi da centurione e girare in biga per una Roma trafficata, e – volendo guardare al grande cinema – ho cercato di farmi ispirare dalle atmosfere del primo atto di ‘Miseria e Nobiltà’ con Totò, nell’immaginare i miei fantastici disperati“, così il regista ha descritto il modello e l’obiettivo alla base del suo film.