Ballarò e la crisi dei talk show? Colpa del governo Monti

Da Ballarò a Vespa e Vinci, passando per La 7, i talk show appaiono tutti in crisi d’ascolti. Colpa del format usurato o della scomparsa della conflittualità politica?

Ormai si parla apertamente di crisi del talk show, sia d’informazione che di satira o intrattenimento. La corazzata Ballarò, per esempio, continua ad arrancare e negli ultimi mesi non riesce ad andare oltre i quattro milioni di telespettatori. Vespa e Vinci si dividono lo sparuto pubblico dei nottambuli, mentre il nuovo programma di Luisella Costamagna registra un modesto quattro per cento di share, vincendo di poco la sfida con Daria Bignardi.

Per chi aveva puntato molto su questo format, come La 7, il calo di ascolti è particolarmente doloroso: il programma della Dandini è  un vero flop (siamo al mezzo milione di spettatori), Formigli dopo un buon avvio è costretto a fermarsi ai 4 punti di share e la new entry Sabina Guzzanti non riesce a fare meglio, mentre anche In Onda e Otto e mezzo appaiono in caduta libera.

Eleonora Bianchini, in un articolo pubblicato dal Fatto quotidiano, è andata a raccogliere in giro un po’ di pareri sui motivi della crisi della parola in tv, e le risposte si sono concentrate da un lato sul logoramento del format e dall’altro sul rifiuto del pubblico rispetto alle solite facce, quelle – per intenderci – della Seconda Repubblica e dello scontro al calor bianco tra berlusconiani e antiberlusconiani.

Rispetto alla prima ipotesi resto un po’ scettico, non credo si tratti di un problema di format, anche perché i gusti del pubblico difficilmente cambiano in modo così radicale nel giro di qualche mese. Evidentemente è molto più convincente la seconda tesi: nel rifiuto dei telespettatori conta più la sostanza della forma, il contenuto del contenitore. Già ieri era penoso sopportare i vari Gasparri e La Russa straparlare su qualsiasi tema, oggi che si sono ridotti a schiacciabottoni dei provvedimenti dei tecnici si può decidere di ascoltarli solo per sfrenato masochismo!

Ma a mio modo di vedere c’è dell’altro.

Un talk show, uno spettacolo della parola, rende se c’è conflitto, non nel senso della rissa e della caciara – che tante volte abbiamo criticato – ma nel senso del confronto critico e anche aspro tra posizioni, idee e visioni del mondo diverse.

I talk di oggi, in perfetta linea con il resto dei contenuti mediatici di ogni provenienza, sembrano invece delle semplici casse di risonanza dell’operato del esecutivo, in cui gli ospiti assomigliano a dei bravi scolaretti che si limitano all’applauso dei professori al governo o, tutt’al più, all’espressione di qualche timida perplessità.

Va da sé che, in questo modo, la noia è garantita. Così come la conseguente fuga del telespettatore.

(In alto: Giovanni Floris; fonte: infophoto).

Scritto da Style24.it Unit
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