Afghanistan, la situazione delle donne in mano ai talebani

Fabrizia Volponi

Fabrizia Volponi nata ad Ascoli Piceno nel 1985. Laureata in "Scienze Storiche" e in "Scienze Religiose", sono da sempre appassionata di lettura e di scrittura. Divoro libri e li recensisco sul mio Blog Libri: medicina per il cuore e per la mente. Lasciatemi in una libreria, possibilmente piccolina e vintage, e sono la donna più contenta del mondo.

Tag: donne
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I talebani sono tornati a governare l’Afghanistan e la paura che la popolazione locale sta vivendo è sotto agli occhi di tutti.

Le immagini dell’aereo che decollava dall’aeroporto della città assediata, con uomini che hanno preferito morire lasciandosi cadere nel vuoto piuttosto che per mano di soggetti barbuti, entreranno nella storia. In quella che è l’ennesima guerra dettata dalla pazzia umana, a preoccupare è anche la condizione delle donne afgane.

Afghanistan: la situazione delle donne in mano ai talebani

Dopo 20 anni, il regime islamico è tornato in possesso dell’Afghanistan, conquistando 26 province su 34.

Oltre alle immagini che stanno facendo il giro del mondo, con la fuga in massa della popolazione locale, a preoccupare è la condizione delle donne che sono rimaste in Patria. Cosa accadrà a loro? Mentre i talebani rassicurano che nessuna persona di sesso femminile perderà i diritti acquisiti negli ultimi 20 anni, le notizie che ci arrivano dalle dirette interessate sono allarmanti.

Stando ad alcune fonti locali, sembra che in determinati villaggi sia già stata chiesta una lista dei nomi delle donne non sposate dai 12 ai 45 anni, in modo da darle in spose ai soldati.

Ma non è solo questo a destare sconcerto. Burqa obbligatorio, divieto di uscire se non accompagnate da un tutore maschio, vietato truccarsi, usare smalto, indossare gioielli e avere parti del corpo scoperte. E ancora: divieto di lavorare, di ridere e di avere contatti con gli uomini. Ergo, vietato esistere: è davvero questo quello che accadrà alle donne in Afghanistan?

Afghanistan, donne in mano ai talebani: prime testimonianze

Nonostante le rassicurazioni dei talebani, dall’Afghanistan arrivano notizie allarmanti.

Il Corriere della Sera ha raccolto la testimonianza di Nahal e Mahvash, due sorelle single che non hanno mai indossato il burqa. Hanno dichiarato:

“Sentiamo tantissime storie orribili, di ragazze portate via con la forza, costrette a sposarsi con uomini che non hanno mai visto. E allora pensiamo che l’unica cosa che possiamo fare è fuggire da qui, dalla nostra casa”.

Mentre la foto degli uomini che coprono con della vernice alcuni poster che ritraggono donne su un muro a Kabul sconvolge l’opinione pubblica, alcuni profili social di donne afgane iniziano ad essere oscurati.

Questo dettaglio non va preso alla leggera perché significa che, ben presto, ogni forma di comunicazione verrà interrotta. La città si prepara al dominio talebano e sembra di essere tornati alla fine degli anni Novanta. Le donne, nel frattempo, vivono nel terrore assoluto e sperano di poter lasciare la propria terra. Che significa andare a dormire sperando di non essere rapite in piena notte? Che si prova a temere il peggio, non solo per sé ma anche per i propri familiari, quando si è in prima linea nella lotta contro i talbeani?

Sohaila, nome di fantasia, sta vivendo questi giorni di terrore chiusa nella sua casa, sperando di non essere ‘trovata’.

Da circa 18 anni lavora con lo staff di Pangea Onlus presente a Kabul e quando ha bussato alla loro porta chiedeva solo di “poter esistere“. A parlare al suo posto è Silvia Redigolo, responsabile della comunicazione dell’associazione, attraverso le pagine di Vanity Fair. “Chiediamo che il corridoio umanitario si attivi velocemente. Ogni minuto è prezioso. Non c’è più tempo, servono decisioni e in fretta“, ha dichiarato la Redigolo. Le sue collaboratrici, così come milioni di donne, stanno rischiando la vita e non possono essere lasciate sole.

Siamo a casa, le strade sono deserte e i talebani girano per strada durante la notte sui loro pick-up sparando in aria. Così dicono ‘Siamo tornati’. (…) Aspettiamo terrorizzate. Riesco solo a pensare alla paura. Quanta paura“, scrive Sohaila in uno dei messaggi inviati alla responsabile di Pangea Onlus.

Afghanistan, donne in mano ai talebani: dilaga la paura

Le ore passano, l’Afghanistan è sulla bocca di tutti e i politici mondiali cercano di partorire discorsi rassicuranti.

D’altronde, fa parte della loro ‘categoria’ dar vita a tanto fumo e poco arrosto. Adesso, però, c’è bisogno di agire e anche in fretta. Non c’è spazio per lotte di partito o giochi tra le Nazioni.

Una giornalista di 22 anni, che fino a qualche giorno fa aveva una vita e un mestiere, ha raccontato la sua fuga al Guardian. Si legge: “La settimana scorsa ero una giornalista, oggi non posso scrivere sotto il mio vero nome o dire da dove vengo o dove sono.

La mia intera vita è stata cancellata in pochissimi giorni. (…) Io non sono al sicuro, perché sono una donna di 22 anni e so che i talebani stanno costringendo le famiglie a consegnare le loro figlie per darle ai soldati“.

Secondo il principale media in lingua araba del mondo, Al Jazeera, i talebani hanno già imposto le loro regole alle donne. Quante hanno provato a non rispettarle o a criticare il regime sono state umiliate e picchiate pubblicamente.

In alcuni casi perfino uccise. Coloro che lavoravano presso banche o altri uffici sono state costrette a licenziarsi, mentre nelle università è stato vietato l’accesso alle persone di sesso femminile. Eppure, promettevano: “i leader talebani hanno trascorso più di un decennio in Pakistan o nel Golfo e ciò ha enormemente ampliato i loro orizzonti“.